Articolo della dott.ssa Ginevra R. Cardinaletti
I Caregiver Familiari
Per chi ha un problema di salute, sia esso fisico o mentale o entrambi visto che spesso sono strettamente correlati, è difficile trovare la giusta assistenza e ancor più la giusta comprensione. Lo stesso problema, spesso sottovalutato, lo hanno i Caregiver Familiari, ossia le persone che si prendono cura di un familiare malato.
Avere un proprio caro malato significa vederlo soffrire, prendersi cura di lui, fare il possibile, e spesso anche l’impossibile, per aiutarlo, e questo spesso porta ad annullarsi.
Family Burden
Lo stress percepito da chi si prende cura di un proprio caro è chiamato “Family burden”, può variare di intensità a seconda delle situazioni e delle persone, e influenza profondamente la qualità della vita del singolo e dell’intero nucleo familiare.
Il Family burden può provocare: ansia, nervosismo, irritabilità, insonnia, depressione, tensioni muscolari, disturbi grastrointestinali, abuso di alcol e sostanze, isolamento sociale, problemi di relazione, depressione, disturbi psicosomatici.
Annullare se stessi
Spesso dei familiari dei malati non si occupa nessuno, neanche loro stessi, perché pensano che la loro priorità sia occuparsi del loro caro e quindi tendono a mettersi in secondo piano. Questo purtroppo è controproducente per tutti. Una delle imprese più difficili, ma molto importante, quando si ha un familiare che soffre è proprio non annullarsi. Questo avviene soprattutto quando si tratta di un figlio: nella mia professione continuo a vedere madri che si annientano per poter accudire un figlio bisognoso di cure. Come biasimarle? Le cure per il loro figlio richiedono tempo, soldi, attenzioni, energie, ricerche e tanto amore. Il loro ruolo di madre diventa totalizzante e pensare a se stesse, alla propria persona, alla cura di sé, diventa secondario, anzi viene totalmente cancellato. “Non mi interessa fare qualcosa per me, l’unica cosa che mi fa stare bene è poter far stare meglio mio figlio”. È più o meno questo il pensiero comune, ed ha sicuramente una sua logica. Ma purtroppo la realtà non è così lineare.
Conseguenze sul familiare
Per chi sta male è fondamentale avere qualcuno che si prenda cura di lui, ma lo è altrettanto vedere che questa persona riesce ad avere una propria vita, vedere che riesce a continuare a volersi bene. Per un figlio vedere una madre che si annulla genera sensi di colpa e anche oppressione, si sente in qualche modo responsabile di una situazione familiare alla deriva. Quando una persona malata dice che in quel momento non ha bisogno di niente, che ha solo bisogno di stare da solo, probabilmente è sincero, ha davvero bisogno di quello, e avere un familiare che gli sta troppo addosso non lo aiuta. Vedere che la propria madre riesca comunque ad occuparsi anche di se stessa, a gratificarsi in qualche modo, è molto importante. Lo so che non è facile, e non voglio né sminuire né tantomeno giudicare l’immenso lavoro che ogni genitore (o familiare) fa per i propri cari malati, ma a volte questo grosso lavoro è anche “troppo” e non giova a nessuno.
Perché questo articolo
Mi sono decisa a scrivere questo articolo che avevo in mente (e in cuore) da tempo perché ho letto le parole di sfogo della mamma di una ragazza malata. Mi sono sentita di risponderle per darle un piccolo gesto di conforto e mi ha fatto pensare a quante volte mi sono ritrovata ad affrontare questo discorso con altre mamme. Mamme che sanno in cuor loro di aver bisogno di aiuto, ma non si decidono a chiedere aiuto perché si sentirebbero di togliere tempo e attenzioni al proprio figlio.
Chiedere aiuto
Il supporto psicologico può essere un aiuto fondamentale per chi è malato, ma può esserlo altrettanto per chi si prende cura di lui. Prendersi cura di sé non è mai togliere a qualcun altro, anzi, l’altro può beneficiarne molto. Una persona che riesca a migliorare anche il proprio benessere, il proprio modo di affrontare le situazioni, è di giovamento a se stesso ma anche alla persona di cui si occupa, va a influire positivamente sull’intero equilibrio familiare.
Come si può gestire il Family burden e limitarne le conseguenze?
– Innanzitutto riconoscerlo come un problema da non trascurare e di cui occuparsi in modo consapevole e attivo.
– Chiedere e accettare l’aiuto altrui, sia a livello professionale (psicologo, medico, associazioni, ecc…), sia a livello di relazioni sociali (familiari, amici, colleghi, vicini di casa).
– Impegnarsi a non annullarsi, mantenendo la cura di sé, non trascurando il proprio benessere fisico né quello mentale.
– Comprendere che il proprio benessere giova anche a chi ci sta intorno, soprattutto alle persone di cui ci occupiamo.
– Non esitare mai a chiedere informazioni e chiarimenti e tutto ciò che può aiutarci a gestire meglio la situazione e la nostra quotidianità.
La mia esperienza professionale
Nella mia professione di psicologa mi capita spesso di avere pazienti che hanno un familiare malato, sia con patologie fisiche che psicologiche. Generalmente si decidono a rivolgersi a me quando non ne possono più fare a meno: non riescono a dormire la notte o non riescono più a gestire l’ansia o hanno frequenti crisi di pianto e di sconforto. La frase che mi sento rivolgere più spesso è: “Lo so, sarei dovuto venire prima”. Io rispondo sempre che sono venuti quando se la sono sentita, quindi non è né tardi né presto, è il momento giusto per loro.
La parte più difficile, ma che poi dà grandi risultati, è aiutare i miei pazienti a comprendere quanto sia importante riuscire a dedicarsi del tempo, e quanto possa beneficiarne anche il familiare di cui si occupano.
Una mia paziente che si occupa della propria figlia affetta da una patologia invalidante, l’altro giorno ha avuto con me il suo secondo colloquio online e ha esordito così: “La settimana scorsa appena abbiamo chiuso la videochiamata sono andata di là da mia figlia e le ho raccontato un po’ del nostro colloquio, lei a un certo punto mi ha detto: “Mamma, sembri un’altra, se ti fa questo effetto parlaci tutti i giorni con la psicologa” e si è messa a ridere… si è messa a ridere, non lo fa quasi mai, non mi sembrava vero… mi stavo per commuovere ma ho resistito altrimenti mi avrebbe rimproverato, mi dice che sono una piagnona!”. Questa signora mentre me lo raccontava aveva gli occhi che le brillavano, aveva finalmente innescato un cambiamento in quel circolo vizioso che si era creato, aveva rotto uno schema e aveva ridato fiducia a se stessa e alla propria figlia.
La mia esperienza personale
Personalmente soffro di una malattia cronica invalidante, quindi oltre che dal punto di vista professionale, ho esperienza personale in quanto paziente e quando posso mi metto sempre in gioco per far sì che la mia esperienza possa aiutare gli altri.
Ho la fortuna di avere mio marito che mi sostiene e mi aiuta nella mia malattia, e io stessa mi rendo conto di quanto mi renda felice quando riesce a fare qualcosa per sé, quando lo vedo spensierato o intento in qualcosa che gli faccia dimenticare la mia malattia. Vederlo stare bene mi fa stare bene.
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